Parvapolis

8-2-2024

30 marzo 1995, attorno alle 9, arriva una telefonata agli uffici della Curia di Latina. A rispondere è Elvio Di Cesare cui viene comunicata l’uccisione di Don Cesare Boschin.

All’epoca Di Cesare era corrispondente per l’Avvenire. Comunica la notizia a Don Giovanni Le Rose che gli sta accanto e gli prospetta la necessità di scrivere un articolo per il quotidiano cattolico. “Prima di scrivere dobbiamo informare il vescovo ( Domenico Pecile)” convengono i due. Don Giovanni si reca dal vescovo e torna da Di Cesare dopo una mezz’ora informandolo che non bisognasse scrivere. Dopo due giorni a Borgo Montello si svolgono i funerali e nell’omelia lo stesso vescovo liquida l’omicidio come opera di balordi, forse drogati. Una risposta frettolosa e in antitesi con un’indagine seria e approfondita poiché si trattava dell’uccisione di un parroco, impegnato socialmente e nella salvaguardia del territorio e della salute dei parrocchiani. La paura degli abitanti di Borgo Montello, il conformismo provinciale, la mala politica che alberga in provincia di Latina da decenni hanno messo sotto silenzio il delitto. Le indagini sciatte e il disinteresse della Chiesa, per un sacerdote elevato a Monsignore faranno il resto. Non ripeterò le varie congetture e ipotesi fatte filtrare dagli inquirenti che arriveranno a gettare ombre su Don Cesare Boschin ma solo che del sacerdote ne parlerà solo don Luigi Ciotti in occasione delle manifestazioni di Libera.
Il “caso” ritorna alla ribalta tramite il sottoscritto che scopre la storia del delitto a Sappada, acquistando il libro di Monica Zornetta “La Terra Tra le Mani”, che contiene un capitolo sull’uccisione del parroco di Borgo Montello. Fa un’indagine, intervistando amici e conoscenti di Don Cesare di Borgo Montello e di Corvino S. Quirico, studia le carte della discarica e scrive grazie alla casa editrice ego ETA di Gian Luca Campagna un libro; “Lo Strano Delitto di Don Cesare”. Il fatto che a scriverlo è uno che vive a Roma, anche se originario della provincia non è accolto con entusiasmo dalla Latina perbenista, dell’insipienza e dell’inciucio politico. Un oriundo; anche se nel 1980 denunciò in un qualificato convegno le infiltrazioni della malavita organizzata e che per un decennio ha fiancheggiato un gruppo di “briganti gentiluomini” nella “lotta” al malaffare e malcostume amministrativo di Fondi e Sperlonga e che denuncia da anni la devastazione dei Monti Lepini, non può denunciare il silenzio ipocrita e conformista della provincia. Non bastasse la scrittura del libro, ho coinvolto l’avvocato e amico Stefano Maccioni, che attraverso l’assenso dei parenti di Don Cesare, ha fatto richiesta di riapertura delle indagini. Cosa questa avvenuta la scorsa estate. Cos’è stato scoperto dall’avv. Maccioni in questa fase? Autopsia molto discutibile, poco reperti e non conservati al meglio e nulla di scritto sulle ipotesi delittuose. Insomma credo che un cadavere ripescato nel Tevere avrebbe avuto maggiore attenzione. Il libro è stato presentato quattro volte tra Latina e Borgo Montello e non si è mai visto un rappresentante delle istituzioni o dei partiti. L’Avvenire “scopre” il delitto di Don Cesare dopo 22 anni. Ho fatto recapitare al Cardinale Monsignor Parolin il mio libro tre mesi fa e mi aspettavo una lettera formale, che per altre occasioni e circostanze mi è arrivata con su scritto: “Sua Eminenza ha ricevuto il suo libro e la ringrazia e le augura fervidi auguri”. Nessuna risposta. Nei mesi scorsi ho lanciato l’iniziativa assieme ad altri di intitolare una strada o piazza al parroco di Borgo Montello. Sono state consegnate due mesi fa le firme al sindaco Coletta, ma non c’è stata data ancora una risposta formale. Alcuni giovani di un’associazione (mi scuso per non ricordarne il nome) hanno proposto la piazza di fronte alla chiesa di S. Chiara, ma il parroco non sembrerebbe d’accordo. Insomma Don Cesare a Latina non è stato ucciso solo una volta. Ieri, promossa dal Comune, si è svolta a Latina l’iniziativa della “Giornata della Memoria dalla Liberazione delle Mafie”. Se l’omicidio di Don Cesare è stato nell’agenda di ieri perché non sono stati invitati scrittore e editore che hanno riesumato “Lo Strano delitto di Don Cesare”? Si vede che uno scassa cabbasisi (titolo di cui mi vanto in un Paese paludoso) come il sottoscritto è meglio tenerlo scostato.

Felice Cipriani: scrittore della Memoria che scrive per impegno civile e non per commercio


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