A rischio il vecchio granaio di Campoverde

8-2-2024

Economia

A rischio il vecchio granaio di Campoverde

Il commento e le posizioni dell’Associazione degli Architetti e degli Ingegneri

Dopo il convegno, “Urbanistica oggi – Tra Piani Regolatori e Piani Casa”, organizzato il 25 marzo scorso, l’associazione Assinarch (Ingegneri ed Architetti) di Aprilia commenta gli interventi edilizi in esecuzione, sul vecchio “granaio” di Campoverde-Campomorto.

“Premesso che non siamo perfettamente a conoscenza che tipo di lavori si stiano eseguendo. – spiega l’Assinarch – la nostra associazione in passato ha più volte chiesto una tutela di quell’edificio, in particolare presentammo un’osservazione al PTPR (Piano Territoriale Paesistico) della regione Lazio, (il 14/05/2008, prot. comune di Aprilia n.ro 24417). L’intento era che tutto il Borgo storico di Campoverde, venisse inserito tra i beni da salvaguardare come borghi identitari dell’architettura rurale della città di Aprilia. Osservazione che fu accettata all’unanimità dal Consiglio Comunale apriliano di allora. Certo non poteva essere tutelato, mantenendolo nelle condizioni in cui era ed in cui si trova tuttora: il tetto parzialmente crollato e pericolante in più parti, gli intonaci ammalorati e quant’altro. Purtroppo però, il tipo di intervento che si sta realizzando, da informazioni assunte e da quello che si può vedere sul posto, non ci sembra il più appropriato. Sembra che si stia realizzando una struttura in cemento armato e solai laterocementizi, il che non è proprio l’ideale per un edificio con più di 2.000 anni alle spalle. Le strutture in legno come quelle di Campoverde, sono presenti negli edifici dei centri storici Italiani e degli altri Paesi dell’area Mediterranea da tempo immemore e almeno fino alla fine dell’ottocento, costituendone le ossature portanti di solai e coperture. Queste strutture spesso, sia per lo stato di degrado occorso nel tempo, sia per le tecniche costruttive adottate, inducono nelle murature anomalie strutturali, quali lesioni o fessurazioni che rappresentano un elemento di elevata vulnerabilità e come nel nostro caso, possono anche portare al parziale crollo di tetti e solai. E’ fondamentale attuare adeguati interventi di rinforzo strutturale. Ma al fine di garantire un’efficiente progettazione, è necessaria una preventiva conoscenza delle caratteristiche degli elementi costituenti la struttura ed una valutazione del loro comportamento, per poi agire nella maniera più corretta. Dal cartello di cantiere si evince che i lavori sarebbero iniziati nel 2007 e finiranno nel 2013 e che avrebbero un titolo abilitativo per opere di Restauro e Risanamento Conservativo. Desidereremmo però conoscere i programmi della proprietà, vedere i progetti e aprire un dibattito, anche se temiamo postumo, per capire con quali modalità si stia intervenendo, e se e quanto dei materiali originari verranno conservati e restaurati.
Le capriate ad esempio, anche se malandate, pare siano ancora quelle originali: sei-settecentesche, se non risalgono addirittura al tempo dei Savelli, gli antichi proprietari. Quindi potrebbero risalire addirittura al 1400, in pieno rinascimento, quando il Borgo raggiunse il massimo splendore. Il dominio dei Savelli terminò nel 1445, dopo la guerra che li oppose a papa Eugenio IV. Sconfitti furono spogliati delle loro proprietà, il castrum di Sancti Petri in Formis, fu messo a sacco e la Torre di vedetta distrutta. In seguito il luogo dopo essere stato abbandonato prese il nome di Campo Morto. I resti della Torre li possiamo ancora vedere dal lato del fabbricato dove ha ceduto la copertura.
A dirla tutta, – spiega ancora l’Assinarch – crediamo che nessuno, ad oggi, abbia posto vincoli di alcun tipo non soltanto su quell’edificio ma sull’intero complesso del Borgo di Campomorto, tanto che la Regione voleva in parte attraversarlo con il tracciato dell’autostrada Roma-Latina.
La Soprintendenza Archeologica, nonostante i sotterranei dell’edificio siano costituiti da mura di epoca romana e forse anche antecedente, pare non lo abbia vincolato.
Durante il convegno del 25 marzo, l’assessore alla Cultura del Comune di Aprilia, Patricia Renzi, ci aveva invece riferito che, stando a notizie in suo possesso, l’edificio sarebbe stato sottoposto a tutela da parte della Soprintendenza ai Beni Architettonici dal settembre 2010.
Bene, se così fosse abbiamo ancora la speranza che il progetto sia stato esaminato e vistato dalla stessa soprintendenza, e che se ne salvaguardi al meglio la struttura esistente; anche se noi più romanticamente avremmo preferito un intervento frutto di un restauro filologico, magari con belle travature e solai lignei, per non sforzare oltremodo le strutture esistenti.
Recupero certo, anche se non con le stesse funzioni, non siamo così ottusi da pretendere che rimanga un granaio!
Un’ idea molto interessante ci viene suggerita dalla tesi di Laurea di una giovane collega, recentemente esposta alla mostra del 25 marzo: trasformarlo in una struttura ricettivo alberghiera, non vogliamo entrare nel merito dell’aspetto remunerativo dell’intervento, ma nel suo progetto si coglie totale rispetto per l’edificio.
La rilevanza del patrimonio culturale e la sua tutela sono una suprema espressione di civiltà. La salvaguardia e il suo recupero sono operazioni di enorme importanza, non solo dal punto di vista culturale e storico, ma anche economico, perciò serve una maggiore consapevolezza da parte di tutti, cittadini amministratori e tecnici.


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