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8-3-2024

La Fiaip, Federazione Agenti
Immobiliari, torna a fare il punto sull’edilizia ed afferma che non tira aria
buona per chi possiede una prima o seconda casa, magari vuota, e ha deciso di
tenersela in attesa di un periodo più favorevole per vendere. Esiste il rischio
concreto – a sostenerlo è uno studio autorevole della Banca d’Italia – che non
rientri mai più dell’investimento originario. Perché quella iniziata a fine
anni Novanta per concludersi nel 2007, si legge nel rapporto, era veramente una
bolla immobiliare e le quotazioni del mattone non torneranno mai a quei
livelli. Dalla fine degli anni Novanta fino al 2006 – prosegue il resoconto –
il mercato immobiliare ha conosciuto una crescita straordinaria, un po’ perché
quella era la tendenza internazionale, ed anche perchè a spingere la domanda,
all’inizio, era stata la crescita della popolazione residente e l’aumento del
numero delle famiglie con un boom di acquisti del 75%. In quel periodo insomma
gli italiani facevano più figli, si sposavano. Negli anni l’incremento è stato
parzialmente mangiato dalla crisi e dalla scarsa fiducia dei risparmiatori; i
veri cali sono cominciati a partire dal 2007. Nel 2013 i volumi di
compravendita erano più che dimezzati, determinando l’accumulo di uno stock di
abitazioni invendute stimato a 500 mila unità nel 2012.

E a Latina? «Nonostante il boom
di case vuote e invendute e il conseguente eccesso di offerta – sottolinea il
presidente provinciale Fiaip Santino Nardi -, all’inizio non ci sono state
grosse ripercussioni sui prezzi degli immobili. 
Dopo essere aumentati di oltre il 60% tra la fine del 1998 e il 2006, i
prezzi hanno continuato a crescere ancora fino al primo semestre 2008 e hanno
sostanzialmente ristagnato fino a tutto il 2011». È stata una forma di
resistenza da parte dei proprietari che pensavano in un calo temporaneo: solo a
partire dal 2012 i prezzi hanno iniziato a calare accumulando una riduzione del
9,5% nel biennio 2012-2013 che al netto dell’inflazione al consumo è stata
ancora più pronunciata (-20% circa) rispetto al 2007 per assestarsi in alcuni
casi sino a trenta punti percentuali in meno rispetto agli anni d’oro.  «Per quanto riguarda gli affitti – continua
Nardi – c’è una richiesta maggiore perché le persone non riescono a comprare,
con un abbassamento dei prezzi perché c’è più concorrenza. Certo i prezzi non
sono bassi abbastanza da risolvere il problema casa».  E in questo scenario s’innestano
anche politiche miopi dei governi che hanno continuato a utilizzare
l’immobiliare come un Bancomat.

Ma non è in crisi tutto il
settore. Dal rapporto emerge infatti che il mercato muterà radicalmente. Una
«crescente attenzione alle tematiche della salvaguardia del paesaggio e delle
aree verdi, al miglioramento delle condizioni di sicurezza, alla
riqualificazione del patrimonio abitazione esistente, al miglioramento
dell’efficienza energetica. In questo contesto il settore sta evolvendo dalla
offerta di nuove abitazioni «all’offerta di servizi abitativi».

Più affitti, quindi, e
anche social housing. Ma sul mattone non si potrà più speculare.


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