Parvapolis

8-1-2024

Riceviamo e pubblichiamo.

Gentile direttore,
è sempre più evidente che l’urbanistica è una materia difficile. Difficile da capire, difficile da fare, difficilissima da comunicare. Sul giornale di qualche giorno fa si legge il titolo” I Piani? Una mossa propagandistica”. Non si capisce bene che significa, ma è abbastanza per mantenere eccitatigli animi nei bar della città e rassicurare tutti che la guerra continua. Leggendo l’articolo si viene a sapere che la Commissione Urbanistica del Comune va esaminando i piani di recupero per il centro storico di Latina varati dall’Amministrazione Zaccheo e non li trova di suo gradimento. Si obietta, per voce, sembra, del Presidente della commissione, Mattei, che nel piano è stato lasciatoincomprensibilmente un buco al centro, che manca un’ idea omogenea, che i progettisti incaricati furono troppi.
A me l’onere di dare qualche spiegazione.
Come tutti sanno la città fondata, Littoria, disegnata dall’architetto Frezzotti nel ’32 e nel ‘34coincide più o meno con l’attuale circonvallazione. Quello che si sa di meno è che questo ambito storico non ha avuto mai, prima dei piani di recupero di cui si parla, una definizione come tale, ma è suddiviso in quartieri che si estendono oltre il nucleo originario, ed il perimetro dell’R0 tracciato dai progettisti del PRG è solo una piccola porzione della città di fondazione ed è rimasto fino ad oggi senza un piano di attuazione (il che per certi versi è stato un bene perché ha evitato che continuassero gli scempi che sul piano Frezzotti si sono perpetrati dal dopoguerra fino all’entrata in vigore del PRG).
È solo con l’amministrazione Zaccheo che, per la prima volta da sempre, si procede ad individuare la città storica e la si fa coincidere con l’area del piano Frezzotti, definita, salvo poche eccezioni,dal perimetro della circonvallazione, ritenendo di dover trattare questa area proprio secondo una “idea omogenea”, che fino ad allora era mancata.
Come si poteva trattare urbanisticamente un’ area ricadente in più piani esecutivi , ma in realtà omogenea, e bisognosa di interventi di recupero e di riqualificazione, con grandi potenzialità trasformative ma anche di fondamentale valore identitario per la comunità cittadina e per la sua storia?
E come si poteva intervenire su un’area che – pur riconoscendone finalmente la omogeneità di fondo – presentava al suo interno tuttavia le dis-omogeneità derivanti dal fatto che per lunghi decenni essa era stata non una parte della città, ma la città nel suo insieme, tutta la città di Latina, e dunque aveva conosciuto differenziazioni notevoli, dinamiche di sviluppo diverse secondo le zone, specializzazioni funzionali e qualità edilizia distinguibile per età e per qualità e oggi veri e propri buchi neri che è urgente risanare?
Decidemmo di utilizzare lo strumento del Piano di Recupero che ci consentiva di individuare la città storica (ovvero quella cresciuta sul piano urbano storico), al di là della distinzione di essa nei diversi p.p.e., senza modificare i perimetri di questi, e dotandola di uno strumento che si confaceva alle molte differenti situazioni presenti permettendo di differenziare le unità di intervento possibili secondo parti o perfino singoli isolati.
Vedemmo che all’interno di questa area la principale differenziazione consisteva tra la parte storicaquasi del tutto conservata, con edifici vincolati, e sulla quale era insensato programmare trasformazioni consistenti e che invece sarebbe stata dotata, nello step successivo del lavoro, di uno specifico Manuale del Recupero da studiare a parte – e sulla cosa sentimmo il Prof. G. Muratore che avrebbe dovuto occuparsene- e parti più esterne sulle quali si erano avute nel tempo le trasformazioni degli anni ’50 e ’60 e su cui era necessario intervenire per rigenerare, superare criticità e sviluppare opportunità urbane.
Se si osserva con un po’ di attenzione il Piano di Recupero si vedrà dunque che la parte centrale non è”incomprensibilmente” lasciata fuori, ma invece salvaguardata essendo la parte storica di maggior pregio che non va certo trasformata, ma solo restaurata, mentre il resto diviso in quadranti ed in unità di intervento è la parte su cui abbiamo sviluppato la parte “operativa” del piano.
Trattare per la prima volta il centro della città come tale, significò preliminarmente studiarlo in modo mai fatto prima. Esaminare volumi, abitanti, funzioni, verificarne lo spopolamento e l’impoverimento funzionale, il deperimento edilizio ed in alcuni casi il degrado coincidente con dismissioni mai riconvertite. Key, ex-Consorzio Agrario, ex-autolinee, Pal. Porfiri, etc.Considerare la necessità di tornare ad introdurre nel centro una maggior ricchezza di funzioni enuovi servizi in un orizzonte economico che doveva far leva su università, cultura, rivitalizzazione della varietà commerciale, turismo come ricaduta, recupero edilizio finalizzato a richiamare residenti, riequilibrio della funzione direzionale e terziaria con il Centro Direzionale
Il lavoro fu affidato ad un gruppo volutamente nutrito di tecnici della città di Latina tra cui il Presidente dell’Ordine degli Architetti e fu svolto in coordinamento continuo con l’amministrazione comunale proprio perché si voleva che un atto di pianificazione di significato storico per la nostra città fosse condotto con la massima coralità e conoscenza diretta del tema.
I progettisti erano troppi? A parte la scarsa pertinenza dell’osservazione in sede di Commissione Urbanistica, se avessimo fatto il contrario oggi ci sarebbe qualcuno che ci accuserebbe del contrario. Lamentando che non si può affidare una città ad un solo studio professionale, magari di chiara fama, magari non della città o persino straniero etc etc…
È sembrato poi, ai commissari che il tempo di lavoro per il PdR del centro, dal 2006 al 2010, fu troppo lungo. Auguro alla nuova amministrazione di essere più rapida nell’affrontare e risolvere questioni urbanistiche che come quella in questione erano prima di noi all’anno zero.
Sono lieto però di vedere al Comune di Latina abbiamo lasciato molto lavoro fatto e progetti su cui proseguire, utili tra l’altro a non perdere finanziamenti e a non farsi trovare del tutto impreparati sulla difficile strada dell’amministrazione di una città.

Massimo Rosolini


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