Parvapolis
8-1-2024
Non si può dimenticare la storia. La storia è identità, è quel fascio di radici in cui risiede la memoria e albergano i ricordi pieni di passione, di fatiche, di ideali e di conquiste. Il quartiere Nicolosi fu davvero una bella conquista, per l’allora neonata città di Littoria. Ne è passato di tempo da quando il primo lotto fu inaugurato nel 1934. Le case erano state costruite per le famiglie degli operai della bonifica che arrivavano da diverse regioni d’Italia. Il modello urbanistico innovativo che presentava, è stato ed è ancora oggi oggetto di studio da parte di molte università, che hanno sempre individuato nelle sue linee strutturali, una lodevole espressione del concetto di aggregazione. Oggi, a distanza di ottant’anni, siamo tutti testimoni di un decadimento imbarazzante, causato da un’incuria senza precedenti. È stato lasciato morire lentamente il Nicolosi, tra il disinteresse delle amministrazioni e il menefreghismo di chi non si è fatto scrupolo ad affittare le case ereditate, a soggetti che oggi tengono il quartiere imbrigliato nelle corde del malaffare. La lista dell’illegalità è lunga, spaccio, prostituzione, danneggiamenti e furti sono all’ordine del giorno, gli anziani hanno paura di uscire, per timore di trovare al rientro la loro casa violata e deprivata anche di quel poco che hanno. Difficile, se non impossibile, per i bambini, andare a giocare nelle corti interne, i piccoli giardinetti che un tempo erano isole verdi in cui far fiorire le piante in primavera, oggi hanno lasciato il posto ai fusti secchi, insozzati di siringhe e cocci di vetro di bottiglia, a testimonianza delle violenti liti tra individui che nella pausa del delinquere, pensano bene di ubriacarsi e procurare continue paure e tensioni alle famiglie oneste che vi risiedono. Indignazione e sgomento sono sentimenti che vorremmo risparmiarci, ma non si può voltare la faccia dall’altra parte, bisogna dare una risposta. Lasciamo fiduciosi che l’autocoscienza faccia il suo corso, per ridare dignità ad un quartiere che doveva essere il simbolo della convivenza e dell’integrazione.