Meglio l’inferno che mori’ scoppiato

8-3-2024

Eventi & Cultura

Meglio l’inferno che mori’ scoppiato

Incontro sempre scienziati che insegnano e sanno fare meglio, onnipotenze davanti alle mie debolezze.
Allora faccio le somme: non sono gli altri che non capiscono, sono io deficiente

Ho capito il problema, certo mi ci sono voluti quasi 50 anni, ma adesso ci sono.
Per ordine: alla Tv di Stato, Rai 3, dicono che “Gli imprenditori edili di Latina sono mafiosi”. Mi indigno, lo dico in Tv e lo scrivo. Mi arrabbio perché è una menzogna.
Gli imprenditori edili, quelli offesi, non dicono nulla. Neanche un sussulto di orgoglio, la difesa della dignità, la loro.
Deduco che l’assunto è vero.
L’ex presidente del Tar di Latina, Franco Bianchi, dichiara pubblicamente in piazza a Bassiano: “Latina è come Caltanissetta, ormai non servono le denunce, ci vogliono le autodenunce”. Mi irrito, difendo il principio della divisione dei poteri, mi indigno davanti alla genericità delle affermazioni. Nessuno degli amministratori presenti si esprime, sorridono e si fanno i casi propri.
Deduco che l’assunto è vero.
Scoppia il caso Acqualatina, ci sono persone accusate e indagate. Tutti parlano come se ci fosse già la sentenza definitiva e fanno giornalistici castelli in aria. Mi permetto di richiamare anche i diritti a difesa. Uno pensa, è pane per gli avvocati. Che invece assistono alla pubblica dichiarazione di inutilità del loro operato compiacendosene. Ma non c’è un ordine professionale che magari si irrita davanti alla gogna mediatica, davanti a evidenti riproduzioni dei tribunali della Santa Inquisizione?
No, tacciono.
Deduco che non c’è bisogno della difesa, è una sovrastruttura.
Un giornalista romano, di Repubblica, mette in ginocchio gli agricoltori pontini facendo passare la verdura prodotta qui per inquinata a causa della irrigazione da sorgenti di acqua sulfurea inquinate. Non è possibile la cosa in natura, ma nessuno protesta, si arrabbia considera il collega per quello che è, uno che ignora.
Deduco sia vero che la lattuga è inquinata e che si innaffia con acqua zolfa.
Ho attaccato la metro leggera sul suo nascere, da solo, tutti erano per la metro. Mi convinco e mi piace, ecco che cambia il vento e i comitati antiMetro sono più dei funghi dopo le prime piogge autunnali.
Poi sommo: incontro sempre scienziati che insegnano e sanno fare meglio, onnipotenze davanti alle mie debolezze.
Allora faccio le somme: non sono gli altri che non capiscono, sono io deficiente.
Una sorta di Re Mida al contrario che trasforma tutto ciò che tocca in merda.
Poi ricordo della storiella che raccontava mio padre.
Un signore brontolone quando era giunta la sua ora si trovò davanti a San Pietro, il portiere degli appartamenti alti gli sbarrò il passo: “non è questo il tuo posto, sei bastian contrario, brontolone, voccalone. Non puoi entrare”.
Il nostro era un bravo cristo e cercò di far valere le sue ragioni: “Non ho mai fatto male, la prego”.
San Pietro era guardiano, ma anche santo, si impietosì: “Mettiti a un angoletto. Qualunque cosa accada tu non dire nulla, non rifiatare”.
Insomma, una sorta di incarico con riserva come quello di Marini per il nuovo governo.
Il nostro si sistema in un angolo, neanche respira per non dar fastidio.
Arriva un angelo con una palanca, deve attraversare una porta. L’angelo l’affronta l’uscio con la palanca di piatto, è lunga e non passa. Il nostro non può parlare e comincia a gesticolare, con le mani vuol far capire all’angelo che deve affrontare la porta di taglio non di piatto.
L’angelo non capisce e continua a spingere, arriva un altro angelo e si fa aiutare in questo stupido comportamento. L’uomo pio continua a gesticolare, gli angeli che spingono diventano, tre, poi quattro, poi cinque.
A quel punto il nostro sbotta: “ma porca…. Di taglio, no di piatto”.
Arriva Pietro: “Non dovevi parlare adesso andrai all’inferno”.
L’uomo pio replica senza rimpianti: “Meglio i all’inferno che morì schioppato” (Trad: “meglio andare all’inferno che tacere davanti a cose assurde).
Mi sa che moro scoppiato.


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